RSSA e COVID19 – Cosa sta accadendo?


La vita di una RSSA o RSA e di chi vive e lavora al suo interno non ha mai avuto tanta attenzione mediatica come in questi giorni di emergenza COVID-19. Attenzione però tutta concentrata sul numero di morti, che in alcune regioni ha toccato picchi davvero molto elevate.

Ma cosa sta accadendo realmente?

Certe notizie generano spaesamento in chi le ascolta, e nello stesso tempo favorisce un crescendo di accuse ai gestori per presunte incapacità ad offrire una assistenza adeguata. Probabilmente a poco sono servite tutte le attenzioni, i protocolli e le procedure messe in atto fin dai primi giorni, rendendole sempre più rigorose, per evitare di esporre ospiti e lavoratori al rischio di contagio.

Uno sforzo che le RSSA ed RSA si sono trovate a fare in totale solitudine, senza ricevere DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), aiuti e supporti, cercando di interpretare al meglio le indicazioni non sempre chiare dell’Istituto Superiore di Sanità, dei vari DPCM e delibere Regionali spesso in contraddizione tra loro.

Per contenere il contagio si è scelto da subito di limitare al massimo le occasioni di contatto con l’esterno, impedendo l’accesso dei familiari e dei volontari. E questo ha creato per gli ospiti e per le loro famiglie una situazione di grave carenza di relazioni e di affetti di cui oggi forse non siamo in grado ancora di valutarne le conseguenze. Difficilmente potranno essere sufficienti a superare il disagio della lontananza dai familiari le attenzioni del personale o lo sforzo delle strutture per favorire le videochiamate, la comunicazione con posta elettronica o altro che la fantasia degli operatori ha saputo e dovuto inventarsi.

Ormai è passato più di un mese dall’inizio dell’emergenza COVID-19 e il personale che ogni giorno si prende cura degli ospiti, vive in una situazione di rischio in continua crescita e fonte di grande preoccupazione.

L’Istituto Superiore di Sanità ha presentato poche ore fa la survey sui decessi in RSA (visionabile qui). La survey ha riguardato il 27% (577) delle strutture RSA contattate sul territorio italiano, rispetto alle 4.629 totali. Il tasso di mortalità fra i residenti, considerando i decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è in media del 3,1% ma in Lombardia praticamente raddoppia, arrivando al 6,8%. È difficile attribuire una correlazione diretta tra morte del paziente e positività al COVID-19 in quanto ancora pochi sono i tamponi che vengono fatti nella stragrande maggioranza dei casi. In ogni caso, dei 3.859 soggetti deceduti, 133 erano risultati positivi al tampone e genericamente 1.310 avevano presentato sintomi simil-influenzali.

In Puglia

Su 65 RSA contattate per la survey hanno risposto in 26 (40%). Il numero totale dei decessi nelle RSA, dal 1° febbraio, sono stati 67. Tra questi, quelli risultati positivi al COVID-19 (conferma da tampone) sono 0, quelli con sintomi simil-influenzali 1.

Nello stesso periodo di riferimento, tra le 26 strutture RSA che hanno risposto alla survey ci sono stati 43 residenti ospedalizzati (per ospedalizzazione si intende tutti i ricoveri effettuati per qualsiasi causa) su 1969 a livello nazionale. Tra questi, i pazienti positivi al COVID-19 (conferma da tampone) in Puglia sono pari a 0, quelli con sintomi simil-influenzali 6 (a livello nazionale sono invece 212 i pazienti positivi e 712 quelli con sintomi simil-influenzali).

È stato chiesto, infine, di indicare quali sono state le principali difficoltà nel corso dell’epidemia che si sono dovute affrontare. Delle 577 strutture che hanno partecipato alla survey a livello nazionale ben 470 (85.9%) ha indicato come maggiore difficoltà la mancanza di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), mentre 97 (17.7%) hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione. Inoltre, 65 (11.9%) strutture segnalano una carenza di farmaci, 192 (35.1%) l’assenza di personale sanitario e 62 (11.3%) difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 in strutture ospedaliere. Infine, 136 strutture (24.9%) dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da COVID-19.

Altre prospettive…

Chi oggi viene accolto in una RSA o RSSA spesso proviene direttamente dall’ospedale ed è in condizioni tali da non poter essere accudito al proprio domicilio sia per la presenza di pluripatologie sia per la necessità di assistenza di tipo quasi esclusivamente sanitario.

Tante sono le persone in condizioni di “terminalità” che trovano in queste strutture un luogo dove concludere la propria vita in modo dignitoso, accompagnati da cure palliative e non solo. La morte è una “visitatrice” frequente delle RSA e RSSA ed il personale di cura è allenato a fronteggiarla e ad accoglierla quando non si può fare altrimenti, quando l’unica cosa che si può fare è lenire la sofferenza ed attenderne insieme il compimento. Sono delicati e difficili gli “atti di cura” che le equipe delle RSA e RSSA portano avanti nei confronti dei propri ospiti; sono richieste una consapevolezza ed una responsabilità professionale molto alte, frutto di esperienza, formazione ed esercizio continuo.

È l’attività di cura che caratterizza e qualifica la quotidianità delle RSA e RSSA: c’è tanto impegno e professionalità da parte degli operatori e ci sono ospiti che grazie a trattamenti sanitari adeguati riescono a recuperare una discreta autonomia che consente loro di continuare una vita serena, degna di essere vissuta, di coltivare interessi e affetti. È stata molto dolorosa la morte di alcune di queste persone, forse colpite dal contagio (senza i tamponi non si può avere certezza); la loro morte è avvenuta troppo in fretta, senza lasciare spazio ad un ultimo saluto ai familiari, agli amici e agli operatori stessi.

Allora, se è vero che il grado di sviluppo di una civiltà si misura in base a come ci si prende cura delle persone più fragili, chi ha la responsabilità di una RSA o RSSA ha bisogno di essere sostenuto a “custodire” questa attività di cura, non solo, e magari un po’ meglio, durante l’emergenza COVID-19, ma anche per il prossimo futuro.

Occorre trovare spazi in cui le RSA e RSSA possano condividere le riflessioni che nasceranno dall’esperienza di questi giorni, per certi versi molto dolorosa, con chi, territorio, welfare regionale, ecc. dovrà aiutare a riprendere le attività ordinarie e nello stesso tempo pensare anche a modalità innovative di erogazione dei servizi territoriali e residenziali per gli anziani, servizi che possano rispondere alle sfide che tutti dovremo affrontare, anche e non solo in termini di sostenibilità dei costi, ma soprattutto di benessere.

Cosa propone Humanamente

In questo periodo di emergenza riteniamo fondamentale sostenere chi si trova in prima linea e lo fa per aiutare altre persone. Ci riferiamo soprattutto al personale medico, paramedico, assistenziale di strutture come RSSA e RSA presenti sul nostro territorio.

Humanamente propone uno Sportello di Ascolto gratuito e gestito dai nostri professionisti i quali sono a completa disposizione per sostenere e aiutare nella “gestione della cura”.
Per farlo, basta contattarci al nostro numero: 080/3212174 (anche tramite messaggi e chiamate whatsapp), o al numero 339/1290758, scrivere una mail a: humanamentefasano@gmail.com oppure tramite la nostra pagina Facebook “Humanamente Fasano”.

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